Il Grande dittatore

con

Bonito Napoloni (Jack Oakie) ed Adenoid Hynkel (Charlie Chaplin).

Tosca e    Franco silvestri,
Massimo Venturiello | Tosca
Lalo Cibelli | Camillo Grassi | Franco Silvestri | Sergio Mancinelli
Gennaro Cuomo | Nico di Crescenzo | Pamela Scarponi | Alessandro Aiello

musiche Germano Mazzocchetti   scene Alessandro Chiti
costumi Sabrina Chiocchio   luci Umile Vainieri   coreografie Daniela Schiavone

Regia di Massimo Venturiello e Giuseppe Marini

Recensione di Carmen Moscariello

 Massimo Venturiello- “L’uomo –scena”

 Un’opera corale dai  ritmi fiammeggianti e nuovi giochi di pantomima

Questa volta Massimo Venturiello ha raggiunto l’ apice della  bellezza, in energia ed   intrecci di espressioni  nella multidisciplinarietà dei linguaggi artistici del teatro, nell’eversione parossistica della parola e del gesto dei quali si è servito per  la prevalenza del  grottesco  e della satira,  dando vita a una divertita e divertente rappresentazione che ricompone con intelligenza ed esperienza l’arte del teatro e della drammaturgia, dimostrando di saper innestare il passato nel  presente, quasi che il dinamismo della storia fosse solo un sortilegio.

Coraggio, è la prima parola che ci viene in mente.

Avvicinarsi a uno dei capolavori indiscussi della cinematografia, cioè al “ Grande dittatore “di Charlie  Chaplin significa misurarsi con il più fascinoso e alto della cinematografia.

Due giorni dopo la notte dei cristalli 12 novembre 1938, Charlie Chaplin depositò The Dictator la prima sceneggiatura presso la Library of Congress. Rompe il silenzio, dimostrando così di non potersi più sopportare l’arroganza e la violenza del nazismo contro gli ebrei da parte di Hitler e della Germania, l’opera ha suoi precisi riferimenti anche ad altre minoranze perseguitate, non solo dal nazismo. L’ elemento più originale che egli adottò,  fu il ricorso a un linguaggio sonoro, ritmico deformato. Charlie con quest’opera chiuse per sempre con il personaggio di Charlot e diede la parola a un nuovo e moderno  mimo, senza maschere, satireggiante e pur nella risata aperta, furioso contro il male. Sovvenzionò economicamente la sua opera che per l’enorme numero degli attori e per la  sceneggiatura ebbe un costo circa  di due milioni di dollari totalmente sborsati dal grande attore e qui è d’obbligo dire anche  dal grande scrittore e regista. L’opera,  il cui titolo nel 1961 divenne Il grande dittatore parlava di eventi gravi veramente accaduti, includendo l’egotismo non solo di Hitler, ma anche  dell’altro grande dittatore, Mussolini e raccontando anche di fatti storici come  l’annessione dell’Austria. L’elemento che dall’interno della storia agisce con maggiore forza distruttiva dei due dittatori è il linguaggio e la pantomima. Come in una forma violenta di schizofrenia paranoica il linguaggio deformato e amorfo testimonia la mancanza di qualsiasi vera identità della figura del “dittatore” che altro non è che un poveruomo che inganna e instupidisce col potere della parola e della propaganda politica il popolo, tolto gli la parola rimane il nulla.

L’opera di Chaplin incise sugli eventi storici ed ebbe una strana coincidenza sincronica, il 3 settembre 1939 giorno della pubblicazione delle copie della sceneggiatura fu lo stesso  giorno in cui  l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania.

Qui si innesta il lavoro di Massimo Venturiello che ha dovuto trasporre un lavoro cinematografico in opera teatrale. Anch’egli geniale nell’elaborazione.  La proposta non ha solo un grande valore artistico, ma soprattutto riveste un ruolo attuale di denunzia contro la nostra realtà quotidiana, costruita su palafitte sgangherate che potrebbero crollare e portarci molto dolore.  

Nell’opera, che abbiamo fortemente applaudito domenica sera, c’erano vari  usi spettacolari della parola: quella della drammaturgia pantomimica interpretata da Massimo Venturiello; quella della parola cantata dai cori con musiche di Germano Mazzocchetti  e la parola della  la voce di Tosca, voce sempre meravigliosa e calda che passa dal melodioso all’acuto, a seconda delle circostanze, capace di  condurre lo spettatore dall’orrore dei campi di concentramento e dalla brutale  violenze  degli scagnozzi di Hinkel, alla luce della speranza e dell’amore, interpretando  anche da  grande attrice il ruolo Hannah. E, ancora la parola come “mestizia”, tutta giocata sulla gestualità e sulla bassa  tonalità, rivestita  con fascinoso rigore da Franco Silvestri, al quale era affidato un ruolo nevralgico nello spettacolo quello del “negazionismo” che fu la piaga più grande nello sterminio degli ebrei. Voler credere, nonostante tutto fosse contro, che l’essere umano non  potesse sporcarsi di crimini così disastrosi . Franco Silvestri, apparentemente  nelle vesti di un  rabbino, ma in verità egli nello spettacolo ha rappresentato la storia con i suoi dolorosi inganni, ha rappresentato anche  la voce della saggezza, che in questo caso diviene remissione, un lento e indefinito  piegarsi alla paura, nell’incapacità di dover affrontare il reale. Una posizione questa che appartiene non più alla parodia o alla satira, o al mimo, ma alla dimensione dell’uomo che patisce i soprusi e continua a sperare nel suo prossimo. A questo personaggio, insieme ad Hannah, Venturiello ha dato il ruolo umano in una storia dominata per il resto  dalla furia del male.  L’ultimo è il ruolo della parola utilizzata in modo deforme, tesa all’inganno e alla bugia. Una parola alterata, animalesca, grossolana, quasi  a testimoniare che tolto il potere alla parola è più facile rendersi conto di quale belva paranoica sia stato Hynkel,  il linguaggio utilizzato nel cinema di Chaplin, come nel teatro da Venturiello è il linguaggio  degli orchi o dei pazzi, ha  suoni chiusi, stridenti, urlati, dove la “o” ha preminenze orribili. Così nella deformazione dei nomi  Adenoyd  Hynkel , Astolf Hynkel , il fui è il führer, Bonito  Napoloni (Benzino Napaloni), duce di Batalia (Bacteria) è Benito Mussolini, duce d’Italia, Garbitsch ,nella realtà Joseph Goebbels, Herring è Hermann Goering, la Segretaria di Hynkel è Eva Braun, la Signora Napoloni – Rachele Mussolini, Ostria (Osterlich) per  Austria.

Venturiello è elaboratore originale e accorto  dell’opera di Chaplin,è attore- regista; E’ l’ “uomo-scena”: il suo corpo sul palcoscenico aveva in ogni più piccolo ossicino un’orchestra che lo governava, un ritmo che lo metteva in comunicazione con tutte le scene, apparentemente staccate le une dalle altre, egli ne  era il collant; portava il ritmo con un’energia che ha coinvolto per intero lo stesso pubblico, pareva, a volte di essere sul palcoscenico, parte del coro o del popolo afflitto o del popolo piegato dai discorsi di propaganda del dittatore. Ha reso in pieno l’omuncolo che Charlie Chaplin avena voluto per il suo dictator,  più pazzo che uomo. I giochi di pantomimica sono stati clamorosi, ha inventato soluzione di ritmi innovativi anche rispetto alle bellissime musiche. Un personaggio che ha attraversato lo spettacolo dall’inizio alla fine. Le sequenze , da quella di apertura, sono state incalzanti, aiutato in questo suo instancabile lavoro dalla  fabula saltica dei  cori che sono stati emozionantissimi, potenti nello loro valenza e nel contempo hanno avuto la stesa eleganza e forza storica dei cori della tragedia greca.

 Venturiello ha dato come sottotitolo all’opera quello di “Commedia musicale” chi scrive vi ha colto una drammaturgia a più innesti: dramma satiresco, pantomima, coro, dramma, musiche, danza italica (pari per la bellezza dei suoni a quella introdotta da Piliade di Cilicia e da Battillo d’Alessandria  nel 22 ). L’opera è piena  di incontri culturali, storici che solo un grande conoscitore, esperto del teatro poteva dare.